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Il ruolo della vittima e perché vogliamo abbandonarlo!

“Tutti noi siamo costretti a confrontarci con la sofferenza: dolore, perdite, paura, fallimento, solitudine. Ma tutto sta nelle nostre mani, sia che ci scoraggiamo di fronte a traumi e problemi, sia che cerchiamo di considerare ogni momento come un dono della vita”.

Edith Eiger, “Das Geschenk” (Il regalo)

Edith Eiger è una rinomata psicologa, speaker e autrice di fama mondiale, ma è soprattutto un esempio affascinante di come, nonostante le terribili esperienze traumatiche, si possa vivere la propria vita in modo positivo e con autodeterminazione. La sua storia è quella di una ragazza di 16 anni che ha dovuto ballare per uno dei nazisti più crudeli di Auschwitz, che ha visto sua madre finire nella camera a gas e che alla fine della guerra venne salvata dagli Alleati mentre si trovava mezza morta tra una montagna di cadaveri. Oggi aiuta le persone di tutto il mondo a elaborare i loro traumi.

“La sofferenza è universale. Il ruolo della vittima è facoltativo”.

Nei suoi approcci, Eger parte dal presupposto che tutti possano diventare vittime. Non è possibile influenzare ciò che ci accade, nel suo caso la deportazione ad Auschwitz, nel caso dei suoi pazienti la perdita di partner, crimini violenti, negligenze, malattie, guerre o altre esperienze traumatiche individuali. Tuttavia, lei è comunque convinta che ognuno possa decidere come gestire le proprie esperienze.

Il suo forte appello è di abbandonare il ruolo di vittima per accedere a ciò che resta della vita.

Perché perseverare nel ruolo di vittima è sinonimo di ciò che lei chiama “rigidità mortale dello spirito”. Ciò significa che nel ruolo della vittima si rimane sempre “bloccati” nel passato, non si può andare avanti e non si può trarre alcun insegnamento da ciò che si è vissuto.

Le vittime domandano “Perché io?, Edith Eger risponde con una domanda “Perché tu no?”.

Non apporta alcun vantaggio riflettere sul motivo per cui si devono fare le esperienze che si fanno. È sbagliato pensare che se andiamo a fondo della ragione delle esperienze traumatiche staremo meglio. Per di più, la salvezza non arriva certo dal fatto di poter determinare un colpevole.

Possiamo sperimentare la guarigione, la realizzazione e la libertà solo se impariamo la capacità di dare un senso al nostro dolore e di derivarne uno scopo.

Pertanto, la domanda non deve essere “Perché io?”, bensì “Che fare adesso? “.

Perché pronunciando questo “Cosa fare ora” iniziamo a occuparci di noi stessi e di ciò che possiamo elaborare dalle nostre esperienze.

Il punto è accettare il proprio destino e trovare il modo migliore per conviverci. Ogni crisi offre l’opportunità di riorganizzarsi e decidere cosa vogliamo per la nostra vita. Come farlo, lo mostra in modo impressionante nel suo libro “Das Geschenk – 12 Lektionen für ein besseres Leben” (“Il regalo – 12 lezioni per una vita migliore”). Con esempi semplici, la psicologa enuclea grandi temi per una vita di successo. Ti presentiamo alcune di queste 12 lezioni chiave, nel libro ce ne sono molte altre e possiamo solo consigliarti di leggerle!

ABBANDONARE IL RUOLO DI VITTIMA

puoi farlo scrivendo una lettera di ringraziamento a una persona che ti ha ferito: questo sì che è di sostegno. Nella lettera esporrai i sentimenti che hanno provocato quest’offesa. Quindi scrivi una lettera di ringraziamento alla stessa persona, in cui esponi ciò che questa persona ti ha insegnato su te stessa e e su come ti ha fatto crescere. L’obiettivo è spostare il punto di vista dal ruolo di vittima a quello di forte combattente.

LIBERATI DAI SEGRE TI

perché la guarigione può avvenire solo se smettiamo di nascondere o negare parti di noi stessi. La vera libertà nasce quando affrontiamo la verità e la pronunciamo in un contesto protetto.

Ad esempio, cerca sessioni di un gruppo di supporto o semplicemente persone che conoscano la tua esperienza e che la trattino con empatia. Recatici almeno tre volte, poi decidi se è il posto in cui ti senti a tuo agio.

AFFRONTA IL TUO LUTTO

“Gestire il lutto significa liberarci dalla responsabilità di tutto ciò che non è in nostro potere e scendere a patti con le decisioni prese che non possiamo annullare”. (Edith Eger, Das Geschenk)

PAURA PARALIZZANTE CONTRO LIBERTÀ DI DECIDERE

La paura non è qualcosa con cui nasciamo, ma che apprendiamo nel corso della vita.

Ciò che di solito ci impedisce di correre rischi è la prospettiva di scambiare qualcosa che conosciamo con l’ignoto.

Osserva per un giorno quante volte pensi “Non posso” o “Devo” o “Dovrei”. “Non posso” equivale a “Non lo farò”, mentre “Dovrei” e “Devo” rappresentano la rinuncia alla tua libertà di scelta. Elimina queste formulazioni e sostituiscile con “Posso”, “Lo farò”, “Lo sono”.

SOSTITUISCI LA DISPERAZIONE CON LA LIBERTÀ E LA RESI LI ENZA

La speranza è la consapevolezza che la sofferenza, per quanto terribile, è temporanea E la curiosità di scoprire cosa succederà dopo. Essa ci dà l’opportunità di vivere nel presente, piuttosto che nel passato, e di aprire le porte delle nostre prigioni mentali.

Spesso quando parliamo di situazioni difficili o dolorose tendiamo a usare un linguaggio banalizzante. Spesso diciamo “Non è poi così male”. Oppure “Non saprei di cosa lamentarmi” o “Gli altri stanno molto peggio”. Ma la libertà e la resistenza non possono nascere se si minimizza il dolore. Quindi prova a dire “Fa male. E passerà”.

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